Dopo la revisione al ribasso delle stime di crescita, urge un intervento shock sull’economia italiana concentrando gli sforzi sui settori produttivi.
Il taglio delle stime di crescita annunciato ieri dall’Istat dimostra che resta attuale l’urgenza di misure shock per consentire all’economia di viaggiare a una velocità superiore.
E’ quanto ha osservato dal Centro studi di Unimpresa, commentando i dati Istat secondo cui il prodotto interno lordo italiano nel 2016 dovrebbe crescere dello 0,8%, con una riduzione di 0,3 punti percentuali rispetto alle previsioni di maggio.
Secondo l’associazione, il ribasso non è sorprendente, ma deve imporre una riflessione non procrastinabile: è indispensabile un pacchetto di misure ben più incisive di quelle inserite nella legge di bilancio all’esame del Parlamento. La scelta del governo è stata di distribuire a pioggia una serie di aiuti, mentre sarebbe stato più efficace concentrare gli sforzi sui settori produttivi, specie per quanto riguarda le micro, piccole e medie imprese, che rappresentano l’ossatura portante del Paese e ancora una volta non hanno ottenuto quanto necessario.
Sembrano in ogni caso poche le risorse e i fondi individuati per dare coperture ai provvedimenti volti alla crescita. La spending review, che pure sembrava in cima all’agenda di questo esecutivo così come dei precedenti, non è più centrale né menzionata nelle dichiarazioni programmatiche. Secondo un’analisi di Unimpresa, la spesa crescerà di oltre 30 miliardi nei prossimi tre anni.
A pesare sull’aumento delle uscite dalle casse dello Stato sarà soprattutto la spesa per pensioni e previdenza, in salita di oltre 40 miliardi, che eroderà gli 11 miliardi di “tesoretto” dello spread, vale a dire il risparmio sul fronte degli interessi su bot e btp.
Saliranno di 3,3 miliardi le uscite per investimenti e di 4,6 miliardi quelle per i consumi della pubblica amministrazione: più sprechi, meno grandi opere e infrastrutture.
E ci sarà anche una stangata fiscale da oltre 75 miliardi. Tra il 2017 e il 2019 le tasse cresceranno costantemente, passando dai 493 miliardi del 2016 ai 505 miliardi del 2017, ai 518 miliardi del 2018 e ai 530 miliardi del 2019. La pressione fiscale si attesterà per tutto il triennio in esame al 42,2% superiore al 42,1% dell’anno in corso.
Sono le imposte indirette (la principale è l’Iva) che “garantiranno” il maggior gettito aggiuntivo con un aumento complessivo di 80,5 miliardi; le indirette cresceranno di 3,3 miliardi, mentre caleranno di 8,3 miliardi gli altri tributi in conto capitale. E le entrate generali dello Stato sfonderanno il muro degli 800 miliardi.