I rischi del settore finanziario non bancario

Vi è una lunga lista di nuovi e pericolosi rischi che, dieci anni dopo la Grande Crisi, dovremo ancora affrontare. Prima di tutto vi è la vulnerabilità del “settore finanziario non bancario”.

rischi settore finanziario non bancarioIn un recente workshop organizzato a New York dalla Federal Reserve e dalla Banca d’Italia su “Post crisis financial regulation: Experiences from the two sides of the Atlantic”, si è cercato di analizzare la situazione del sistema finanziario globale per capire se esso sia effettivamente sotto controllo o se vi siano ancora seri rischi e minacce di instabilità.

Potrebbe sembrare strano, ma i documenti e gli interventi dei rappresentanti della nostra banca centrale sono stati i più precisi e concreti.

Vi è una lunga lista di nuovi e pericolosi rischi che, dieci anni dopo la Grande Crisi, dovremo ancora affrontare.

Prima di tutto vi è la vulnerabilità del “settore finanziario non bancario” che comprende una marea di istituzioni, quali le SIM, i gestori del risparmio, i fondi di investimento, gli hedge fund e altri organismi variamente propensi alla speculazione. Questi, di fatto, operano nell’intermediazione finanziaria come se fossero vere e proprie banche, senza, però, essere sottoposti alle regole e ai controlli bancari.

Come sappiamo, dove le regole sono poche o mancanti, purtroppo, si fa strada il “sistema ombra”.

Secondo il Financial Stability Board, l’organismo di controllo istituito dai governi e dalle banche centrali per cercare i rimedi agli sfaceli del 2008, gli intermediari finanziari non bancari alla fine del 2016 avevano asset, gli attivi, pari a 160.000 miliardi di dollari! Rispetto al livello del 2008 sono cresciuti una volta e mezzo, mentre gli attivi del sistema bancario sono rimasti più o meno gli stessi.

Alcuni dei rischi succitati sono simili a quelli che devono affrontare anche le banche: quelli legati alla liquidità necessaria per far fronte alla scadenza dei titoli e al rapporto di indebitamento, cioè alla leva finanziaria, il cosiddetto leverage.

Vi sono poi dei rischi derivanti dalla natura stessa del sistema finanziario non bancario, come l’utilizzo esagerato del sistema automatico di compravendita di titoli attraverso dei supercomputer che operano con logaritmi matematici sofisticatissimi. Il cosiddetto high frequency trading (hft). Sono meccanismi che possono far “detonare” l’intero sistema finanziario.

Al riguardo è stato ricordato ciò che accadde lo scorso febbraio quando un’innocua notizia circa l’aumento dei salari negli Usa portò al tracollo di Wall Street. Simili situazioni possono creare vendite a raffica fino a provocare un vero e proprio contagio e a mettere in discussione la stessa solidità degli intermediari finanziari.

Un’altra ragione di grande preoccupazione, secondo la Banca d’Italia, è data dalla forte crescita negli Stati Uniti del mercato dei cosiddetti collateralized loan obligation, cioè strumenti di debito emessi su un portafoglio di obbligazioni e altre forme di debito. Dal 2008 a oggi sono cresciuti del 130% per un totale di 600 miliardi di dollari.

Da qualche tempo, inoltre, sulla scena degli operatori finanziari è apparso un nuovo e più grave rischio legato alla digitalizzazione e ai profondi cambiamenti nella tecnologia che mette nuovi organismi, che operano fuori del sistema bancario, e grandi imprese tecnologiche digitali, la cosiddetta FinTec, in condizioni di offrire servizi di natura bancaria.

Sulla questione si è completamente in alto mare. Senza parametri e regole. Il sistema bancario, purtroppo, sta vivendo una crescente e pericolosa dipendenza dai gestori, i provider, di servizi para bancari e para finanziari.

In questi campi la proposta condivisibile della Banca d’Italia è applicare il corretto principio di “stesso business, stesso rischio, stesse regole”.

Non indifferenti sono le eccessive differenze nazionali nella realizzazione delle cosiddette riforme, creando così un’ulteriore frammentazione dei sistemi finanziari. Si ha la sensazione che finora sia stata persa l’occasione per una regolamentazione unitaria della finanza a livello globale, lasciando così mano libera a chi, invece, vorrebbe cancellare regole e controlli.

Non si può, quindi, che concordare con la Banca d’Italia quando afferma che” ogni volta che le regole e i controlli sono stati deboli, si sono visti rischi eccessivi ed è aumentata la leva finanziaria, portando spesso a repentine svolte recessive nel ciclo finanziario”.

Speriamo che tale appello non venga lasciato cadere perché, altrimenti, presto o tardi la storia ci presenterà un conto molto salato.

Commento a cura di Mario Lettieri e Paolo Raimondi

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