I Broker Online e la sfida delle Fintech

Mentre i Broker Online tradizionali ancora esitano ad aprirsi alle criptovalute, i Broker Fintech stanno investendo molte risorse per ampliare il più possibile la propria offerta di coin virtuali.

Broker online Fintech

Lo tsunami del settore fintech sta rapidamente rivoluzionando il modo in cui un utente apre un conto in banca, stipula un contratto di assicurazione, e molto altro.

Le piattaforme di trading online – nate, nella maggior parte dei casi, tra il 2007 ed il 2009, quando il trend delle fintech non era ancora ben immaginabile – si trovano di fronte ad una sfida di sopravvivenza: innovare per restare al passo di questi nuovi operatori o chiudere.

Premesso che l’intero processo è ancora in fase di sviluppo, risulta in realtà già essere molto interessante studiare i vari risvolti delle vicende di settore per capire un po’ che cosa sia successo, cosa stia succedendo e, soprattutto, ipotizzare cosa potrà succedere ai broker online.

È presumibile che i broker finanziari, figure fondamentali ed imprescindibili per chiunque voglia effettuare operazioni di trading online, manterranno la propria importanza sul mercato. È tuttavia altrettanto probabile che le strategie e gli assetti interni di questi broker mutino profondamente nei prossimi anni, come naturale conseguenza delle pressioni interne al mercato.

La mania del social trading

social trading

Per “social trading” si definisce quel fenomeno di applicazione al mondo del brokering di modelli di interazione tra utenti proveniente dall’ambito dei social network. L’idea è tanto semplice quanto efficace: creare un sito web che metta in contatto tra loro gli utenti (ovvero, i clienti del broker in questione) scambiandosi idee di investimento, risultati di strategie e commenti.

Alcuni broker consentono persino agli utenti di copiare pedissequamente le strategie di investimento di un trader, stimolando l’utilizzo di questa funzionalità fornendo denaro a chi viene emulato maggiormente all’interno della piattaforma.

Pensandoci bene, quello che i broker in questione fanno è rendere ambassador della propria piattaforma alcuni trader di successo, un’operazione di marketing diretta molto efficace e, vedendo le tariffe pagate dai più, tutto sommato poco costosa per la società di brokering.

Il motivo per il quale questo tipo di meccanismo – apparentemente, diciamocelo, piuttosto naïf – funziona è stato spiegato, ben prima che venisse congegnato, da un involontario esempio fatto dall’economista John Maynard Keynes, passato alla Storia come “il concorso di bellezza”.

La storia è più o meno questa: immaginiamo di voler scommettere del denaro su chi riteniamo vincerà un concorso di bellezza, qual è il metodo più efficace per farlo? Scommettere sul partecipante al concorso dotato a nostro dire di maggiore bellezza, o su quello che riteniamo possa piacere maggiormente a chi giudica i candidati?

La risposta di Keynes fu, notoriamente, la seconda delle opzioni fornite. Allo stesso modo, il social trading può, tramite la potente arma dell’investimento di massa, attrarre molto interesse da chi si avvicina al settore degli investimenti finanziari per la prima volta.

La pressione a ribasso sulle commissioni di investimento

Le prime aziende fintech nel settore del trading dovevano affrontare un problema non di poco conto: come guadagnare clienti in un mercato apparentemente più che saturo come quello del brokering finanziario?

La risposta è venuta – tramite una pratica al limite del cosiddetto dumping – da una serie di studi di mercato: tanti trader ritengono che le commissioni di investimento pagate siano troppo alte ed ingiustificate, perché allora non eliminare del tutto questo fardello?

Ed è così, dunque, che alcuni broker hanno avuto un grande successo tra gli investitori. Un nuovo modello di business, non più basato sulla raccolta di denaro da commissioni di trading ma da accordi di sponsorizzazione e pubblicità, è diventato sempre più popolare fra trader.

Le fintech hanno dunque invaso questo mercato con una forte pressione a ribasso delle commissioni di investimento, un trend molto interessante da monitorare per il futuro.

Una maggiore apertura verso le criptovalute

Un altro fattore caratteristico dei nuovi broker che, cavalcando l’onda del fenomeno fintech, hanno invaso il settore del brokering finanziario è quello di non essere particolarmente “schizzinosi” sul tipo di prodotti da offrire alla propria clientela.

Parliamo, nello specifico, delle criptovalute. Temute ed evitate da tanti broker di vecchio stampo per la propria enorme volatilità, ci è voluto davvero poco tempo al settore fintech per capire che entrare in questa nicchia di mercato ancora piuttosto libera avrebbe potuto rappresentare un grosso fattore attrattivo per nuovi clienti.

Ed è per questo motivo che, in questa particolare fase di mercato odierna, vediamo una netta distinzione tra broker online “tradizionali” (che ancora esitano fortemente ad aprirsi alle criptovalute) e broker fintech che stanno investendo molte risorse al fine di ampliare il più possibile la propria offerta di coin virtuali.

Forse un giorno sarà comune utilizzare lo stesso trader per investire in valute virtuali estremamente volatili e, al contempo, in titoli di Stato a cedola fissa. Ad oggi, questo non avviene con regolarità ma, lo ripetiamo, il processo di adeguamento del mercato al settore fintech è tutt’altro che completo.

Fare guerra al settore fintech è una perdita di tempo

Dovrebbe essere chiaro, a questo punto, che quanto sta avvenendo nel settore del brokering finanziario non possa essere ridotto ad una mera guerra tra player tradizionali e player fintech.

L’utilizzo – più o meno creativo – delle nuove tecnologie di intelligenza artificiale – non deve affatto indisporre o scoraggiare i broker online tradizionali. Risulta essere molto importante estrapolare da questa ondata di novità una serie di utili indicazioni per concentrare la spinta innovativa di aziende già presenti sul mercato.

Il broker del futuro sarà più social, avrà commissioni di investimento nulle o pressoché tali e non avrà paura di offrire nuove tipologie di asset finanziari alla propria clientela. In altre parole, un broker online tradizionale dovrà diventare una fintech per sopravvivere a questa ondata di novità.

Questa non è una previsione futuristica basata su speculazioni particolari, sono tanti i casi di broker tradizionali che si stanno muovendo in questa direzione.

Sarà dunque molto interessante seguire l’evolversi della situazione e, soprattutto, vedere quali altri meccanismi e strumenti verranno utilizzati per introdurre innovazione nel settore del brokering finanziario. 

Una cosa è certa: in futuro non sentiremo più parlare di fintech come un mondo a parte, è presumibile che tale distinzione diventi obsoleta nel giro di pochi anni, come è già successo per tante grandi invenzioni in passato.

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