La BCE potrebbe acquisire dai Paesi UE la quota di debito pubblico eccedente il 60% del PIL per placare le ansie sul debito sovrano e facilitare la crescita.
Il momento magico per tagliare il debito pubblico italiano mediante apposita imposta patrimoniale è svanito. Era auspicabile e possibile fare questo intervento di carattere straordinario all’epoca del Governo Monti.
Allora vi erano tutte le condizioni, politiche, psicologiche, di mercato, tali da poter supportare un’operazione nazionale di tale portata. Essa richiedeva fermezza ed onestà di intenti, visione da statisti e, fatto primario, dialogo franco e serrato con tutti i cittadini italiani sulla necessità ed opportunità di una scelta di ampio respiro con evidenza e riscontro a livello nazionale ed internazionale.
Quanto al dimissionario Matteo Renzi, inutile parlargli di debito pubblico: questo tema di riflessione e di azione è stato depennato dal suo vocabolario e, nel corso della sua esperienza governativa, non ha trovato spazio disponibile nella sua agenda di lavoro.
Oggi una tale operazione, visto il quadro economico/politico in essere e gli attori che “battono la scena”, obiettivamente non è più proponibile. Non è ipotizzabile anche alla luce della disastrosa situazione che attualmente caratterizza il “pianeta risparmio” in Italia: un ammasso di macerie derivante dal sostanziale fallimento di molte banche regionali e dai rendimenti negativi causati dall’intervento anomalo della BCE mediante immissione di liquidità “forzata e non richiesta” nel circuito bancario (quantitative easing).
Alle stesse banche, sovente gravate da ingenti crediti in sofferenza, nel contempo gli organi di vigilanza hanno imposto insopportabili aumenti di capitale proprio: risorse non facili da reperire nel contesto di perdurante crisi e sfiducia degli investitori.
Intanto è il momento di chiarire se c’è effettiva volontà di realizzare gli Stati Uniti d’Europa, senza equivoci e sotterfugi ed il tema del debito pubblico eccessivo va affrontato con saggezza e lungimiranza in ambito europeo.
Personalmente suggerirei alla BCE di “acquisire” dai Paesi UE interessati al problema la quota di debito pubblico eccedente il 60% del PIL: tale è la percentuale dettata dall’Unione europea che, occorre sottolinearlo, ha tratto consistente vantaggio dalla spesa pubblica eccedentaria dei Paesi partecipanti. In tal modo si placherebbero le ansie sul debito sovrano e si faciliterebbe la crescita sostenibile nei Paesi dell’Unione.
Va sottolineato che il nostro Paese registra un rapporto tra debito pubblico (2.212 miliardi di euro a settembre 2016) e PIL nazionale pari al 132,8 per cento. Per ridurre detto rapporto del 132,8 per cento a quello del 60%, immaginato e programmato in sede europea (Trattato di Maastricht), il Governo italiano dovrebbe rimborsare circa mille miliardi di euro di titoli di Stato (BOT, CCT, BTP) emessi a più riprese per rifinanziarsi.
All’operazione straordinaria sopra ipotizzata potrebbe provvedere la BCE, assumendo su di se i mille miliardi di debito pubblico italiano in questione, riportando la situazione finanziaria del nostro Paese ad un “punto di equilibrio” tale da renderlo competitivo rispetto agli altri 17 partecipanti al “gioco” della moneta unica condivisa.
Per quanto superfluo, anche altri Paesi europei con moneta unica e con rapporto debito/Pil eccedentario beneficerebbero dell’ipotizzato intervento straordinario. Il parametro del 60% potrebbe essere innalzato, in ipotesi, all’80%, salvo progressivi ridimensionamenti.
Di fatto si tratterebbe di rimodulare e finalizzare l’allentamento quantitativo (quantitative easing) della Banca Centrale Europea, consistente ad oggi nell’acquisto di titoli degli Stati europei legati alla moneta unica per 80 miliardi di euro ogni mese.
La stessa BCE si appresta ad allungare i tempi previsti per questo suo congegno finanziario oltre la primavera del 2017.
Non appare convincente ed opportuno l’acquisto da parte della BCE di titoli emessi da Paesi UE in ottimo stato di salute e rapporto soddisfacente tra debito pubblico e PIL: il riferimento va in particolare alla Germania che non ha bisogno di supporto da parte della Banca Centrale Europea ed anzi ha da “smaltire” un consistente, perdurante attivo di bilancia commerciale.
Nel contempo si dovrebbe anche nominare il Ministro/Commissario dell’Economia europeo dotato di visione complessiva e poteri di intervento su politiche fiscali e di spesa comunitarie. Al Ministro dell’Economia UE, in sintonia con il Parlamento europeo, dovrebbe essere attribuita la facoltà di emettere titoli obbligazionari (eurobond) per finanziare investimenti nelle zone dell’Unione Europea con alta disoccupazione e strutture produttive inadeguate.
Commento a cura di Sàntolo Cannavale – www.santolocannavale.it