
L’interesse manifestato da Banco BPM ad aumentare la propria partecipazione del 9,99% in CR Asti ha avviato la banca verso un secondo percorso di fusione e acquisizione insieme a Credit Agricole Italia.
Dopo il ritiro dell’offerta da parte di UniCredit, era chiaro che BPM sarebbe tornata al centro delle trattative di fusione.
BPM, la quarta banca italiana, sarebbe in competizione con altre banche per acquisire parte del 31,8% della banca piemontese di proprietà della fondazione della banca (Fondazione Cassa di Risparmio di Asti).
In base al protocollo ACRI-MEF tra il Ministero delle Finanze italiano e l’Associazione delle Fondazioni e delle Casse di Risparmio (ACRI), le fondazioni devono diversificare i propri investimenti per limitare la concentrazione dei rischi. CR Asti ha 210 filiali, principalmente in Piemonte e Lombardia, ma anche in Liguria e Veneto.
Un accordo con BPM darebbe alla banca milanese una copertura aggiuntiva nelle ricche regioni del nord Italia, mentre un accordo con CA Italia sarebbe più trasformazionale.
Il gruppo bancario francese considera l’Italia il suo secondo mercato interno e un’area di crescita.
CA ha già partnership a lungo termine nel settore assicurativo e del credito al consumo con Banco BPM, ha recentemente aumentato la sua partecipazione azionaria dal 9,2% al 19,8% e ha presentato una richiesta alla BCE a luglio per aumentare la sua partecipazione a oltre il 20%.
Una fusione tra BPM e CA Italia darebbe vita a un gruppo forte con un modello di business ben diversificato, dimensioni significative (attivi totali superiori a 300 miliardi di euro e una quota di mercato dei prestiti vicina a quella di UniCredit) e una presenza geografica concentrata sull’Italia.
L’operazione potrebbe essere sostenuta da una serie di fattori:
- A differenza dell’operazione MPS-Mediobanca, entrambi i gruppi operano come banche universali, offrendo servizi completi e complementari nei settori bancario, della gestione patrimoniale e
assicurativo. Il portafoglio prestiti di Banco BPM è orientato verso la clientela aziendale, mentre quello di Crédit Agricole Italia è più orientato verso la clientela retail. - Le loro reti di filiali si sovrappongono in Lombardia, Veneto, Toscana e Sicilia, offrendo il potenziale
per una riduzione dei costi, anche se entrambe le banche hanno già razionalizzato la loro presenza fisica: -38% da parte di Banco BPM, -30% da parte di Crédit Agricole tra il 2017 e il 2024. - CA e BPM hanno joint venture nel settore delle assicurazioni danni e del credito al consumo; Crédit Agricole detiene oltre il 60% in entrambi i casi.
- L’accordo potrebbe essere strutturato come una fusione amichevole, il che ridurrebbe (ma non eliminerebbe) il rischio di esecuzione.
Una fusione comporterebbe probabilmente una struttura azionaria complessa, con potenziali implicazioni negative per la governance e la strategia.
Sebbene gli azionisti di Banco BPM dovrebbero mantenere una partecipazione di maggioranza,
prevediamo che Crédit Agricole diventerà il maggiore azionista di minoranza, con una partecipazione superiore al 40%.
Ciò potrebbe innescare una certa resistenza politica, soprattutto alla luce del precedente creato nelle trattative tra UniCredit e Banco BPM. Riteniamo infatti che il governo italiano riattiverà il “Golden Power” per imporre restrizioni, in particolare sui prestiti e sugli investimenti.
Un altro potenziale problema potrebbe essere la complessità dell’integrazione delle attività di gestione patrimoniale e di bancassurance dei due gruppi.
Banco BPM ha recentemente acquisito la società di gestione patrimoniale Anima e possiede una controllata nel settore delle assicurazioni sulla vita, BPM Vita, mentre CA Italia distribuisce servizi delle controllate specializzate del proprio gruppo di appartenenza, tra cui Amundi.

Commento di Alessandro Boratti, Analyst di Scope Ratings, agenzia di rating europea